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  • L’idea che mancava: unire gambling e volontariato

    La notizia è già circolata molto: il volontariato fa bene a mente e corpo ed è anche per questo che le persone che sono interessate a questo ambito sono sempre di più; fanno del bene, facendosi del bene. In parallelo, c’è un’attività da sempre demonizzata che avrebbe bisogno di essere spiegata come si deve da persone abituate a stare in mezzo agli altri: allora perché non provare a unire questi due universi apparentemente così incompatibili? I volontari del gioco per soldi Stiamo parlando, forse lo avrete capito, del mondo dei casinò, online od offline che essi siano: le preoccupazioni anche immotivate sul tipo di passatempi lì praticati non ci hanno mai abbandonato fin da quando lo Stato italiano ha autorizzato la loro presenza sul territorio. Per questo motivo, molte persone esitano a iscriversi a questi siti completamente legali. Contemporaneamente, c’è chi lo fa senza avere esperienza nell’ambito delle scommesse o delle puntate al banco. La nostra modesta idea è che se un’associazione volesse occuparsi di "educare" nuovi utenti così come di essere presenti accanto a quelli già esistenti, i casinò si normalizzerebbero. Attraverso i volontari si potrebbe spiegare come usare piattaforme come StarCasino sul proprio telefono, cos’è il playthrough, cosa si intende per rulli, quali sono i software specifici per casinò più affidabili e innovativi. Non solo: l’alfabetizzazione informatica degli italiani, si sa, lascia ancora a desiderare, e un’organizzazione su base volontaria che intervenisse su questo aspetto svolgerebbe un lavoro lodevole a livello più ampio: insegnare alle persone a versare e prelevare da un conto di gioco vorrebbe dire renderli più autonomi anche in altri ambiti digitali, dando loro la sicurezza in più per distinguere siti malevoli da quelli dove si può davvero scommettere senza timori. Chiamiamola "scolarizzazione online". Che ne pensate?

  • Per un uso etico delle vincite da casinò

    Nel 2020, un uomo francese del quale si conosce solo il nome di battesimo, Guy, ha vinto ben 217 milioni di Euro a una slot: invece che tenerli per sé, il misterioso personaggio ha deciso di costituire una fondazione benefica, il Fonds de dotation Anyama, a tutela dell’ambiente. Non è un caso unico: a Las Vegas un altro high roller ha preferito donare 14 milioni vinti alle slot alla sua comunità locale. Un approccio diverso dal solito Le persone baciate dalla fortuna che impiegano parte o tutti i propri gruzzoletti per fare del bene ci sono sempre state, anche se si tratta di casi rari. Anche noi nel nostro piccolo facciamo qualcosa del genere quando giochiamo su www.starcasinoonline.it (anche se con assai meno profitto dei casi illustrati, bisogna ammettere). Per questo abbiamo pensato di fare un appello attraverso questo post. Devolvere in beneficenza le proprie vincite Molte persone giocano al casinò per integrare i propri guadagni mensili, e non ci sembra giusto chiedere tutto, ma questi fortunati potrebbero accantonare una parte delle loro vincite per donarle all’associazione o all’organizzazione benefica che preferiscono. Che si tratti di giochi di carte o slot, è piuttosto semplice vincere in maniera frequente, e regalare una percentuale della propria borsa non sarà un grosso sacrificio per chi riesce a infilare anche due o tre vittorie in una stessa giornata. Purché lo si faccia su siti come Starcasino, con le sue regole trasparenti e una varietà di passatempi da molto semplici a quelli, invece, pensati per professionisti: scegliete il livello preferito, il gioco che preferite e… pensate anche al prossimo quando punterete!  

  • Conoscere Open City

    Avrete sentito usare anche voi l’espressione "open house": è un’abitudine nel mondo anglosassone quando un’agenzia immobiliare presenta una abitazione in vendita e permette ai potenziali acquirenti di visitarla, di solito nell’arco di un weekend. In Italia, ormai, l’idea di "Open House" (maiuscole d’obbligo) è strettamente legata all’attività di un’associazione culturale che si è ispirata al lavoro del Fondo per l’Ambiente Italiano per declinare le proprie attività in ambito metropolitano. Il suo nome è Open City. Cosa fa Open City Dal 2010 in Italia, questa associazione culturale si appoggia a un network di appassionati volontari, fra i quali architetti, studenti universitari, storici, per far visitare luoghi poco noti della città nella quale si vive. Non parliamo di monumenti archeologici aperti in via eccezionale, ma di capolavori di architettura contemporanea, gallerie e laboratori d’arte, studi di designer o altri creativi. Il cuore delle loro operazioni si chiama proprio, per riallacciarci all’inizio di questo post, "Open House", seguito dal nome delle città partecipanti: quasi trenta in tutto il mondo che per un weekend aprono le porte a luoghi di interesse storico normalmente chiusi ai cittadini. Ci sono ville di design appartenute a personaggi famosi, archivi, esperimenti nell’ambito dell’edilizia e chi più ne ha, più ne metta: il tutto è gratis per i cittadini, a patto di riuscire a prenotare un posto per tempo (comprensibilmente, l’idea di accedere a luoghi esclusivi ha incontrato il favore anche di semplici curiosi). Quanto costa Open City? La generosità rimane di casa, a ogni modo: e Open City organizza anche visite virtuali, videoconferenze, podcast – sempre senza chiedere una lira. Associarsi (il che ovviamente è a pagamento) a Open City non è obbligatorio per accedere agli eventi, a meno che non sia coinvolto un privato con richieste diverse (il proprietario di una struttura, una guida che chiede un rimborso…), nel qual caso abbiamo notato che il pubblico è molto più disponibile a "sborsare" se ha ricevuto già molto in cambio. Un’idea da copiare, senz’altro, per chi oggi pensa di mettere su un’associazione culturale tutta sua e vuole, magari, muoversi in ambiti simili. Intanto consigliamo di imparare a conoscerli, magari con gli appuntamenti a distanza della serie "Viaggi nei paraggi".

  • Il caso emblematico di Retake

    Fra le associazioni di volontariato che si occupano di progetti nelle comunità locali forse nessuna è al momento più famosa di Retake, attiva in tutta Italia dopo essere stata fondata "informalmente" nel 2009 dalla professoressa Rebecca Spitzmiller in quel di Roma. Un esperimento felicissimo  Oppressa dal degrado delle strade della Capitale, l’insegnante americana si è rimboccata le maniche e ha iniziato a pulire, dipingere, diserbare: un esempio che nel giro di qualche anno è arrivato in ogni parte dello Stivale, dove si stima che siano oltre 15.000 i volontari che hanno aderito a questo movimento spontaneo, apolitico e apartitico. L’idea di base di Retake, intervenire dove l’amministrazione è negligente o assente, ha cambiato profondamente il modo di fare volontariato: le azioni di Retake sono vicine per modi e tempi, assai veloci, agli interventi di guerrilla gardening, dei quali peraltro ci occuperemo in uno dei prossimi focus del nostro blog. A cambiare sono gli obiettivi di questi progetti di comunità, più ampi del semplice "giardinaggio ribelle": si cancellano scritte e si tinteggiano pareti in un tentativo di riportare il decoro in tutte le zone delle proprie città dove ce n’è più bisogno. Ogni partecipante, dagli anziani ai bambini, porta da casa il necessario per queste azioni e, se c’è bisogno di acquistare qualche materiale, ci si autotassa per pochi centesimi fino ad arrivare alla somma necessaria. Il riconoscimento formale I risultati sono stati fin qui talmente buoni che nel 2020 l’organizzazione è arrivata a stringere un accordo di collaborazione con l’AMA, proprio la controllata del comune di Roma che gestisce la raccolta dei rifiuti: una sorta di incoronazione che di fatto ha trasformato Retake in un "primatista". Mai, infatti, le associazioni di volontariato erano entrate coi loro metodi "spiccioli" nelle grazie di una gestione municipale, dovendo sempre scontrarsi con regolamento e burocrazia. Un risultato, questo, che ha trasformato Retake in un caso tutto da studiare. E imitare.

  • Come aprire un’associazione culturale

    I numeri dell’ISTAT parlano chiaro: anche nel momento peggiore della più recente recessione, l’unico comparto in espansione in Italia era quello del terzo settore, affollato di enti, non profit e associazioni culturali. Ma perché aprire un’associazione culturale? Viste con gli occhi di un osservatore esterno, queste strutture possono sembrare eternamente in perdita, ma non è necessariamente così. Accedendo agli aiuti del 2 per mille tramite le dichiarazioni dei redditi degli italiani, oppure partecipando a bandi culturali o di altro tipo presso il proprio Comune, queste strutture possono accedere a fondi costanti che in buona sostanza possono servire a dare lavoro a persone che ne hanno realmente bisogno. Ecco allora che un’associazione culturale diventa qualcosa di interessante anche per chi non sa… cosa fare "da grande"! I documenti necessari e i costi Quella che a voi interesserà sarà la tipologia di associazione non a fini di lucro, altrimenti bisognerà prevedere altri tipi di organizzazione sotto il profilo fiscale. Prima di arrivare a fare qualunque tipo di documento, bisognerà trovare un rappresentante legale e un commercialista o un CAF che possano seguire tutto quello che riguarda la burocrazia della futura associazione. Redigere un atto costitutivo e uno statuto dell’associazione è il passo successivo: si possono trovare dei modelli ai quali ispirarsi anche online. Non abbiate paura di scrivere cose ovvie – meglio metterle per iscritto prima che litigare dopo (per esempio: cosa fare con i fondi rimasti in cassa dopo un eventuale scioglimento?). A questo punto potrete chiedere all’Agenzia delle Entrate il codice fiscale esclusivo dell’associazione: ci sono una serie di moduli da compilare, documenti da allegare e dei costi che si aggirano intorno ai 250/300 Euro. Entro 60 giorni da questa richiesta andrà presentato un altro modulo, il famoso EAS, che serve a registrarsi come soggetto fiscale. Iniziate a studiare Una volta costituita la vostra associazione, il nostro consiglio è di informarvi sul sito della vostra regione, del comune o addirittura dell’Unione Europea se esistano bandi che si applicano alla vostra sfera di interesse: si può iniziare a lavorare con festival, volontari, scuole: basta tornare a studiare!

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